I Dodici Passi
- Abbiamo ammesso di essere impotenti di fronte all’alcol e che le nostre vite erano divenute incontrollabili.
- Siamo giunti a credere che un Potere più grande di noi potrebbe ricondurci alla ragione.
- Abbiamo preso la decisione di affidare le nostre volontà e le nostre vite alla cura di Dio, come noi potemmo concepirLo.
- Abbiamo fatto un inventario morale profondo e senza paura di noi stessi.
- Abbiamo ammesso di fronte a Dio, a noi stessi e a un altro essere umano, l’esatta natura dei nostri torti.
- Eravamo completamente pronti ad accettare che Dio eliminasse tutti questi difetti di carattere.
- Gli abbiamo chiesto con umiltà di eliminare i nostri difetti.
- Abbiamo fatto un elenco di tutte le persone cui abbiamo fatto del male e siamo diventati pronti a rimediare ai danni recati loro.
- Abbiamo fatto direttamente ammenda verso tali persone, laddove possibile, tranne quando, così facendo, avremmo potuto recare danno a loro oppure ad altri.
- Abbiamo continuato a fare il nostro inventario personale e, quando ci siamo trovati in torto, lo abbiamo subito ammesso.
- Abbiamo cercato attraverso la preghiera e la meditazione di migliorare il nostro contatto cosciente con Dio, come noi potemmo concepirLo, pregandoLo solo di farci conoscere la Sua volontà nei nostri riguardi e di darci la forza di eseguirla.
- Avendo ottenuto un risveglio spirituale come risultato di questi Passi, abbiamo cercato di portare questo messaggio agli alcolisti e di mettere in pratica questi principi in tutte le nostre attività.
Lo spazio ristretto non ci consente di soffermarci sui presupposti e le fonti che hanno dato origine ai “Dodici Passi”; vi illustriamo, invece, come vengano messi in atto nella pratica quotidiana dei gruppi.
In genere chi si rivolge ad Alcolisti Anonimi – per sua iniziativa o, più spesso, indirizzato da familiari, medici, psicologi, sacerdoti, servizi sociali o semplici amici – non si riconosce subito alcolista ma tende piuttosto a considerarsi un forte bevitore; è cosciente di avere problemi con l’alcol e, in molti casi, ha tentato più volte (senza riuscirci) di smettere o di moderarsi nel bere, da solo o con supporti esterni. A volte è all’inizio del suo percorso alcolico ed è solo preoccupato, altre ha toccato il fondo ed è isolato e disperato.
Quando comincia a frequentare le riunioni del gruppo e sente le testimonianze degli altri, spesso molto diverse tra loro pur con un filo conduttore comune, attraverso un processo di identificazione, che gli consente di iniziare a superare il terribile scoglio della negazione, diventa sempre più consapevole della propria condizione e inizia ad acquistare fiducia.
In questa prima fase il nuovo venuto apprende che quello che aveva sempre considerato un vizio (di cui vergognarsi e da tenere nascosto e negare, spesso anche a se stesso) è in realtà una “malattia”, e ciò attenua fortemente i suoi sensi di colpa. Si rende anche conto della progressività e della gravità di questo suo stato da cui non può “guarire” una volta per tutte, ma che può essere arrestato semplicemente non bevendo.
A questo punto, in genere, comincia ad avere paura del bere ma non riesce ancora a sopportare l’idea di dover rimanere astinente per sempre; di dovere cioè rinunciare definitivamente a quella stampella che lo ha tanto spesso aiutato ad affrontare la vita.
Per uscire da questa situazione gli amici del gruppo gli consigliano di fare come loro, di porsi un obiettivo a brevissimo termine: per esempio di tenersi lontano dal primo bicchiere per sole ventiquattro ore. Poi per altre ventiquattro… e così via. E’ fondamentale evitare “il primo bicchiere”, quello che innesca il meccanismo della compulsione e la conseguente perdita del controllo sull’alcol.
In questo momento delicato gli amici già sobri mettono tutta la loro esperienza e, soprattutto, il loro amore a disposizione del nuovo arrivato, che comincia ad acquisire la consapevolezza di potercela davvero fare: proprio come i suoi nuovi amici che non bevono più, e tuttavia sembrano vivere sereni e attivi.
In sostanza, inizia ad accettare l’idea di essere un alcolista (Primo Passo) e ad affidarsi a qualcuno (Secondo e Terzo Passo): finisce cioè per ammettere la propria impotenza di fronte all’alcol – e quindi l’impossibilità di gestirlo – e che la sua vita, proprio a causa dell’alcol, sta divenendo o è già divenuta incontrollabile, con conseguenze devastanti nell’ambito familiare, professionale, finanziario, sociale. Nel contempo comincia a rompere l’isolamento in cui l’alcol lo ha confinato, ad avere fiducia nei suoi nuovi amici e ad affidarsi a un Potere Superiore, comunque sia in grado di concepirlo in quel momento in relazione alla sua formazione religiosa e spirituale. All’inizio, semplicemente, il gruppo stesso può essere visto di sicuro come un “potere superiore”, dal momento che lo vede riuscire laddove da solo lui non ha mai neanche sfiorato una soluzione.
Quasi sempre l’alcolista che frequenta con assiduità i gruppi riesce a centrare l’obiettivo e diventa astinente, talvolta anche sin dalla prima riunione, ma i tempi possono essere diversi a seconda delle varie situazioni e problematiche caratteriali.
Si passa ora a una seconda fase, forse anche più delicata. Infatti, se è difficile smettere di bere, ancora più difficile è continuare a non bere; evitando quelle ricadute che spesso risultano dolorosissime, anche se possono talora essere ”terapeutiche”, in quanto costituiscono la cartina di tornasole di quanto appreso nel gruppo.
Intervengono quindi gli altri nove Passi del Programma, svolto costantemente nel gruppo: si può dire che costituiscono un insieme di princìpi che, se messi in pratica come stile di vita, riescono a eliminare l’ossessione per il bere e a mettere in grado chi li fa propri, tramite una progressiva crescita e presa di coscienza della realtà, di diventare una persona serena ed attiva.
Con il Quarto e il Quinto Passo, attraverso l’autoanalisi e il confronto con una persona di propria fiducia, si procede ad una profonda e coraggiosa verifica di se stessi imparando ad accettare le proprie caratteristiche positive e negative; con il Sesto e il Settimo si inizia un percorso di cambiamento basato sulla progressiva modificazione dei propri comportamenti, soprattutto di quelli che hanno causato maggior conflittualità con il mondo esterno e con se stessi; con l’Ottavo e il Nono si tende al recupero delle relazioni con gli altri; con il Decimo Passo ci si prepara a mettere concretamente in pratica questo nuovo stile di vita; con l’Undicesimo, attraverso la meditazione e la preghiera, si approfondisce il proprio percorso spirituale, incrementando un senso di appartenenza al mondo; con il Dodicesimo Passo si comincia a portare il messaggio ad altri alcolisti, mettendo inoltre in pratica nel quotidiano quei princìpi che si sono appresi nei Passi precedenti.
E’ un lavoro spesso non facile né breve, che ogni alcolista fa nel gruppo e fuori dal gruppo, ma che consente un progressivo cambiamento interiore, con la rottura dei vecchi schemi che portavano a bere. Più si riesce a cambiare facendo propri i princìpi del Programma, minori sono i rischi di ricadere. E’ un processo graduale i cui frutti, però, si cominciano a intravedere presto e i cui margini di miglioramento per ognuno sono pressoché infiniti.
Il percorso ora descritto è individuale ma si fonda sulla condivisione delle proprie esperienze e riflessioni all’interno dei gruppi, la partecipazione ai quali è assolutamente volontaria, senza obblighi né limiti.
Ognuno è invitato a parlare solo di se stesso e delle proprie esperienze, in A.A. nessuno viene giudicato. Nelle riunioni vi è un alcolista che funge da segretario che coordina gli interventi, liberi e non regolamentati. Si osservano solo alcuni tradizionali comportamenti, come il parlare uno per volta senza interrompere gli altri, autolimitando il tempo a disposizione.
Il recupero è strettamente legato al servizio che gli alcolisti anonimi compiono volontariamente e gratuitamente e che ha un solo scopo: portare il messaggio agli alcolisti ancora nel problema. Ogni A.A. per mantenere la sua sobrietà cerca di raggiungere coloro che non riescono a smettere di bere; non si sente investito di alcuna autorità e non si ritiene un terapeuta: è un alcolista che parla a un altro alcolista mettendogli a disposizione la propria esperienza e quanto ha appreso attraverso il Programma.
A volte il nostro metodo di recupero è stato accusato di operare in modo da sostituire la dipendenza dall’alcol con la dipendenza dal gruppo; tale asserzione si basa sul fatto che molti di noi continuano a frequentare i gruppi anche se sobri da molti anni.
In proposito desideriamo puntualizzare che non saremmo affatto turbati da una tale ipotesi, anche qualora si rivelasse vera. Sostituire una dipendenza nefasta come quella dall’alcol, con una che ci salva la vita, riempiendola inoltre di nuovi e gratificanti valori e significati, non ci sembra davvero un cattivo affare!
Crediamo che comunque la questione vada impostata diversamente. Innanzitutto, un recupero stabile dall’alcolismo richiede tempi lunghi, talvolta anni di impegno. Inoltre, per quelli di noi che a causa dell’alcol hanno perso tutto, il gruppo costituisce una casa e gli amici del gruppo una famiglia, in cui possono trovare comprensione e amore. Infine, e questo è l’aspetto più importante, il nostro Programma è in realtà un percorso di crescita spirituale che, come tale, non ha mai una conclusione: più procediamo lungo il suo cammino, più possibilità abbiamo di migliorare noi stessi. Tutto questo a prescindere dall’alcol. Basta partecipare a una delle nostre riunioni aperte per rendersene conto.